| Capitolo 13 |
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Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm,
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il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio.
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I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè.
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Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.
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In quell'anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: «L'iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo».
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Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.
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Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.
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I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un'ardente passione per lei:
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persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.
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Eran colpiti tutt'e due dalla passione per lei,
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ma l'uno nascondeva all'altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.
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Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all'altro:
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«Andiamo pure a casa: è l'ora di desinare» e usciti se ne andarono.
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Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
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Mentre aspettavano l'occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.
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Non c'era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.
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Susanna disse alle ancelle: «Portatemi l'unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno».
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Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.
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Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero:
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«Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi.
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In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle».
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Susanna, piangendo, esclamò: «Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani.
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Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!».
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Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei
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e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
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I servi di casa, all'udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.
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Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
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Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.
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Rivolti al popolo dissero: «Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm». Mandarono a chiamarla
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ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.
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Susanna era assai delicata d'aspetto e molto bella di forme;
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aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza.
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Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
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I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa.
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Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.
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Gli anziani dissero: «Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle.
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Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei.
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Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme.
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Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito.
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Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l'ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni».
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La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.
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Allora Susanna ad alta voce esclamò: «Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano,
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tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me».
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E il Signore ascoltò la sua voce.
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Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,
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il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!».
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Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che vuoi dire con le tue parole?».
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Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza indagare la verità!
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Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei».
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Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: «Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell'anzianità».
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Daniele esclamò: «Separateli bene l'uno dall'altro e io li giudicherò».
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Separati che furono, Daniele disse al primo: «O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,
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quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l'innocente.
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Ora dunque, se tu hai visto costei, dì: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?». Rispose: «Sotto un lentisco».
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Disse Daniele: «In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. Gia l'angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due».
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Allontanato questo, fece venire l'altro e gli disse: «Razza di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!
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Così facevate con le donne d'Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.
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Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?». Rispose: «Sotto un leccio».
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Disse Daniele: «In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l'angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire».
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Allora tutta l'assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.
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Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo
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e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.
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Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.
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Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.
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